
- 6 Maggio 2020 alle 16:09
È stata presentata lo scorso ottobre la nuova edizione del Dossier Statistico Immigrazione, curato da IDOS in partenariato con “Confronti” e con il sostegno dell’8XMille della Tavola Valdese.
Il rapporto indica come nel 2018 in Italia vivevano oltre 1,3 milioni di minori stranieri cosiddetti “di seconda generazione”, dei quali il 75% nato in Italia e i restanti giunti in tenera età. Nel frattempo la presenza è sicuramente cresciuta, dato che il Dossier stima che il numero complessivo dei soli nati in Italia sia quasi raddoppiato rispetto al 2011 e ora ammonti a 1 milione.
Nel Dossier si scorgono dati interessanti, in particolare relativamente all’incidenza piuttosto elevata di minori stranieri nati in Italia e frequentanti le scuole italiane (oltre 541.000 nell’anno scolastico 2017/2018, pari al 63,1% degli alunni stranieri complessivi che hanno frequentato le scuole italiane ed il 9,7% del totale degli scolari italiani). Inoltre, sono da evidenziare i dati di presenza dei nati in Italia tra gli alunni stranieri nei vari gradi e ordini di scuole, con dati rilevanti in particolare per le scuole dell’infanzia (84,4%) e per le primarie (75,2%), come pure i dati in merito alla nazionalità, con ai primi posti cinesi (82,3%), marocchini (76%), albanesi (76%) e filippini (67%).
Ciò testimonia il radicamento del fenomeno nel territorio ed il dato andrà analizzato in prospettiva, nell’impatto che tale generazione nata, cresciuta e formata in Italia avrà sulle dinamiche sociali.
Attualmente in Parlamento è stato presentato un ddl di riforma della normativa sulla cittadinanza alla Commissione Affari Costituzionali, dove si sta discutendo di riconoscere la cittadinanza al termine del percorso scolastico (c.d. ius culturae), mentre resta distante all’orizzonte la possibilità di introdurre lo ius soli, magari legato non solo alla nascita ma anche alla permanenza prolungata in Italia.
Al di là degli schieramenti e delle ideologia, resta il fatto che è in crescita una platea di giovani, stranieri ma cresciuti in Italia, e che occorre riflettere come agire con tempestività per garantire una integrazione che non sia solo formale e differita ai 18 anni, ma che li veda fin da subito parte integrante del futuro del nostro Paese.