I discendenti italiani residenti all’estero che hanno presentato domanda di riconoscimento della cittadinanza al proprio consolato e sono in attesa di risposta da anni, possono chiedere la cittadinanza presentando un ricorso al Tribunale di Roma.

Vantaggi:

  • i tempi sono relativamente brevi (18-24 mesi circa);
  • trattandosi di giudizio, l’avvocato italiano opera per delega; non è quindi necessaria la presenza del cliente in Italia né la richiesta di residenza;
  • il procedimento è monitorato ed il cliente può seguirne l’avanzamento con apposita app;
  • sono possibili ricorsi cumulativi, quindi in caso di familiari dello stesso albero genealogico il procedimento può essere condiviso, con riduzione significativa dei costi.

Analizziamo la questione più nel dettaglio.

A rigor di legge, nel caso di discendenza paterna non vi sono problemi tecnici e giuridici per il riconoscimento della cittadinanza in via amministrativa, in quanto – se la documentazione è valida – tutte le domande vengono accolte, senza necessità di ricorrere ad accertamenti giudiziari. Gli interessati dovrebbero quindi presentare domanda al Consolato o al Comune di residenza ed attendere il compimento dell’iter amministrativo.

Pertanto, in tempi passati il Tribunale di Roma rigettava le domande per l’accertamento in via giudiziale della cittadinanza di figli nati da padri italiani emigrati, proprio perché non c’era contrasto e perché era necessario procedere con la via amministrativa (in tal senso Tribunale Civile di Roma, sentenza n. 18710/2016 del 10.10.2016: “Deve essere dichiarata inammissibile per difetto del necessario interesse ad agire la domanda giurisdizionale di accertamento della cittadinanza italiana presentata da persona che sia discendente in linea diretta di un cittadino italiano di sesso maschile e che non si sia previamente rivolta all’autorità amministrativa italiana per il riconoscimento della cittadinanza italiana.“).

Attualmente, però, tale ricostruzione giuridica (che in astratto è corretta) si scontra con la realtà dei Consolati e con l’incredibile tempo di attesa per il disbrigo delle domande di cittadinanza depositate in certi Consolati, laddove (in Brasile in particolare) l’attesa minima è preventivabile in 10 anni e oltre – dato il trend in costante ascesa. Ebbene, a fronte di questa situazione di fatto, è chiaro che la via amministrativa diventa in realtà improcedibile e che si assiste ad una impossibilità pratica di esercitare il proprio diritto nella sede deputata (ovvero il Consolato).

Ecco quindi che il Tribunale di Roma ha cominciato a riconoscere che la via giudiziale è l’unica via realmente percorribile per un cittadino che voglia legittimamente vedere riconosciuto il proprio diritto di cittadinanza in tempi ragionevoli, perchè” il decorso di un lasso temporale di tale irragionevolezza rispetto all’interesse vantato, equivale ad un diniego di riconoscimento del diritto, e per ciò solo giustifica l’interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale” (sentenza del 16 febbraio 2016). Il principio è piuttosto semplice: se occorre un tempo irragionevole per ottenere un diritto, quel diritto viene di fatto negato e di fronte alla negazione di un diritto è sempre possibile procedere avanti l’autorità giudiziaria.

Del resto, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 241 del 7/8/1990, i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono essere conclusi entro termini determinati e certi, anche in conformità al principio di ragionevole durata del processo. L’obbligo di concludere il procedimento entro i termini non deriva peraltro esclusivamente da leggi, regolamenti o comunque atti amministrativi, ma deriva anche dai principi generali che reggono il diritto amministrativo, fra i quali quelli di efficienza e buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 Costituzione).

Ricordiamo che il termine per la definizione del procedimento è di 730 giorni (DPCM n. 33 del 17 gennaio 2014).

Occorre quindi che il richiedente abbia presentato domanda presso il Consolato competente da un periodo di tempo superiore al limite di legge. Per i consolati che non fissano subito l’appuntamento e che quindi lasciano in sospeso le pratiche per anni prima di convocare i cittadini per l’esame della documentazione, sarà sufficiente la presentazione della domanda e la richiesta di appuntamento.

Lo Studio Legale Gabaldo Cosaro fornisce assistenza per la redazione del ricorso, il deposito e la gestione del procedimento avanti il Tribunale di Roma e la successiva fase amministrativa di trascrizione degli atti nei registri anagrafici.

Per ulteriori dettagli ed informazioni, compilate il modulo di contatto.

Partners e link utili

Scopri altri operatori/collaboratori cui chiedere assistenza o pagine che possono essere utili nelle ricerche.