
- 11 Diciembre 2019 a las 11:04
La normativa sulla richiesta di cittadinanza jure sanguinis dello straniero in Italia (legge 5 febbraio 1992 n. 91) prevede che la domanda possa essere presentata dal richiedente residente in Italia. La residenza viene individuata ai sensi dell’art. 43 cod. civ. nel luogo ove il soggetto ha posto la propria abituale dimora.
In ordine alla durata di tale dimora, va fatta un’ulteriore precisazione. In primis va ricordato che la stabilità delle dimora è garantita:
– a prescindere dalla durata del soggiorno del richiedente, qualora egli stabilmente soggiorni nel luogo indicato. Infatti, è certo che l’iscrizione anagrafica sia consentita in relazione a qualunque titolo e durata del permesso di soggiorno, anche se temporaneo (così D.P.R. 30 maggio 1989, n.123 art. 7 (obblighi per gli stranieri in caso di rinnovo) e ancora Ministero dell’Interno e Prefettura di Ferrara, Nota prot. n. 10214/2003/Area IV, del 30 gennaio 2003, in Lo stato civ. it., 5/2003, 372);
– anche qualora la dimora sia ubicata presso strutture residenziali collettive, a maggior ragione se extralberghiere (in tal senso TAR Veneto, Sezione II, 23 marzo 2009 sent. 736).
Tuttavia, il concetto notorio di residenza (art. 43 c.c., luogo di dimora abituale) va coordinato con le mutate condizioni social-culturali e con l’evoluzione normativa dei diritti di circolazione (in particolare in ambito UE e/o Schengen). Infatti, la Legge 28 maggio 2007 n. 68, significativamente intitolata “Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio“ all’art. 1 prevede che per soggiorni di durata inferiore a tre mesi non è richiesto il permesso di soggiorno, essendo sufficiente una dichiarazione di presenza che i cittadini extracomunitari presentano all’autorità di frontiera all’atto dell’ingresso. Tale permesso di soggiorno viene ammesso esplicitamente dal Ministero dell’Interno (Circolare 13 giugno 2007 n. 32) “possa costituire titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica di coloro che intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis… La dichiarazione, infatti, è l’adempimento che consente agli stranieri di soggiornare regolarmente in Italia per un periodo di tre mesi o per il minor periodo eventualmente stabilito nel visto d’ingresso“. Il D.M. 26 luglio 2007 è ancora più chiaro, stabilendo che, ai fini dell’iscrizione anagrafica dei soggetti provenienti da Paesi che non applicano l’accordo di Schengen e che intendono richiedere il riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis sufficiente l’esibizione del timbro “Schengen“ sul documento di viaggio. In ultimo, la Circolare 28 settembre 2007 n. 52 del Ministero diffonde agli uffici periferici le istruzioni di cui al Decreto Ministeriale.
In sostanza, nessuna norma impone che la residenza sia collegata ad una abitazione definitiva nel comune e tanto meno vincolata ad un periodo minimo di presenza (notoriamente si legge nei siti o nelle pubblicazioni essere richiesto un “contratto di locazione di durata non inferiore ad 1 anno”), anzi la normativa appena richiamata è la rappresentazione dell’esatto contrario.
La giurisprudenza è ancorata al concetto di stabilità e pone l’accento sull’intenzione del soggetto di porre il luogo prescelto quale proprio centro di interessi e di vita, ma non si può tralasciare il fatto che i tempi (e le relazioni e le modalità di vita e lavoro) sono mutati e di fatto, prevedendo la possibilità di soggiorni in Italia di durata anche minima, la novella legislativa è la prova di come il legislatore abbia disatteso il principio secondo cui debba permanere una connotazione di abitualità e stabilità della dimora nell’obbligo di residenza ai fini dell’avvio della pratica amministrativa di riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis.